Questo volume di Giuseppe Firrincieli si può leggere e intendere in molti modi: come un tentativo di dizionario italiano-siciliano, come una raccolta di divertenti “boutade”, come l'esposizione “breve”, breviaria, di uno spirito, quello siculo, che si esprime nei gesti oltre che nelle parole, nella costruzione grammaticale, che è quella del pensiero, oltre che nei semplici significati.
Quello che unifica le varie parti di questo libro è l'attenzione (Giuseppe Firrincieli è appassionato cultore di sicilianità) al siciliano inteso come linguaggio, come lingua, e giammai come dialetto.
Proprio come l'autore anche io penso che l'italiano non esista, che sia una lingua inventata di recente, e male, con la fretta dell'unificazione nazionale. E' nei dialetti che sta l'essenza, l'anima, di un popolo.
Quando ci innamoriamo, quando ci arrabbiamo, quando ci divertiamo, la nostra anima non parla l'italiano, ma il siciliano.
Ottavio Cappellani
1 Giugno 2016
L’italiano è la lingua straniera più diffusa in Italia, e in Sicilia?
La più difficile!
Prima in Sicilia, c’era una vera e propria riluttanza nei confronti
della lingua italiana, tanto è vero che la maggior parte delle opere
letterarie venivano tradotte in lingua siciliana, come La Divina
Commedia, I Promessi Sposi, per non parlare di tantissime poesie e
opere teatrali.
Ai siciliani, non capirsi, risulta molto difficile e per tale motivo
la lingua italiana, specie nei rapporti familiari e amichevoli, non
viene per nulla usata, anche se nelle nuove generazioni si riscontri
una certa tendenza, di italianizzare i rapporti relazionali.
Nella prima parte troverete le battute di scherzo intese come
offesa personale e non, per poi analizzare i modi di comunicare
e gli aspetti psicologici.
Nella seconda parte scoprirete gli aspetti della comunicazione
posturale, i paradossi con la correlazione di arti, mestieri, professioni,
caratteri, personalismi e tanto altro, con nomi e cognomi veri,
alcuni proverbi siciliani, tramandati nei secoli e approssimativamente
tradotti in latino maccheronico, ovvero trasformarti in
parodia letteraria della lingua dell’antica Roma, come si usa fare
al ginnasio, per arrivare a veri e propri fenomeni patologici della
comunicazione.