Ludovico   Lauretta   detto   Dovì

 

 

 

   Ludovico Lauretta, per gli amici Dovì, è un professore

di lettere in pensione nato il 5 dicembre 1933;

quindi all’inizio della nostra storia, cioè nel gennaio 2008,

ha compiuto da poco 74 anni.
 

Single per scelta, Ludovico abita da sempre a Ragusa Ibla

assieme alle due sorelle nubili Turidda e Maricetta.

La casa dei Lauretta è in rua Porta Modica,

nel quartiere basso di Ragusa Ibla.  
 

Ludovico ha lasciato, da più di un lustro, l’insegnamento

di Storia e Geografia in una scuola media del suo paese.

È un tipo giovanile e non dimostra affatto la sua età,

i suoi capelli lisci sono rimasti incredibilmente quasi tutti e

quasi tutti neri. È un uomo di statura medio alta e ha

occhi neri e profondi, ereditati da sua madre Trisina, all’anagrafe Teresa. Fin da quando frequentava l’Università si è fatto crescere i baffetti ma tuttavia le sue labbra rimangono piuttosto visibili e carnose e non tralascia, ancora a quest’età, di curare la sua linea snella e sta attento a non farsi sopraffare dalla pinguedine dell’uomo di una certa età, com’è successo a tanti suoi amici.

Ludovico è molto curato anche nel vestire e nella persona e non sopporta i trasandati che vanno in giro con le scarpe sporche o trattengono i pantaloni con la cinghia sotto l’ombelico.       

 

A chi gli chiede come fa a mantenersi così giovane, risponde “Ho fatto un patto col diavolo;  me ne sto lontano dai parrini e lui mi lascia giovane” e poi, con un sorrisetto, aggiunge “cumpari miu, ho passato una vita in mezzo ai ragazzi e forse il mio segreto è proprio questo!”.

 

Il professore è rimasto davvero giovane dentro e l’età matura non ha cambiato per nulla il suo carattere, visto che sa ancora stare allo scherzo, ed è uno dei primi della sua comitiva al Circolo a combinare scherzi agli altri, ad organizzare serate divertenti o tornei di briscola in cinque, di tressette o di scopone scientifico.
 

Quando toccò i trentacinque anni, il fatto di non essere

né maritato né zito, aveva dato l’impressione a qualche

paesano più smaliziato che fosse un po’ diverso,

ma quando fu visto, una sera a Roma per caso

da un suo conoscente in gita nella capitale,

mentre usciva dall’hotel Majestic di via Veneto,

abbracciato ad una bella donna ed entrambi se ne

andavano in giro per la capitale, nel suo paesino se ne

parlò per mesi e mesi e i dubbi svanirono.

 

Addirittura quando arrivò nella sala cinematografica il

film “Paolo il Caldo”, i suoi conoscenti pensarono, con un sorriso ironico,

a lui.

 

Quando era picciotto, come tutti i picciotti di stù munnu,

si era innamorato di una bella picciotta. Pensava che fosse stata

la donna della sua vita, ma lei preferì un altro e lui ci stette male davvero.

 

Sarebbe stata di sicuro sua moglie se lei non gli avesse fatto provare una delusione immensa lasciandolo per un altro. Solo quella volta conobbe l’amore vero, e dopo nessun’altra femmina gli fece più girare a testa. Poi Ludovico, per non creare traumi di alcun genere alle sorelle, preferì intraprendere segretamente una relazione con una donna di Catania. Il rapporto era durato saltuariamente per più di vent’anni, fino a quando la poverina lasciò questo mondo. Lui riuscì a mantenere il segreto con le sue sorelle grazie alla complicità di un vecchio amico ragusano che si era maritato e trasferito a Catania.
 

Il professore è un tradizionalista e un abitudinario. Rientra a casa all’una e mezza in punto; come ogni giorno del resto, dopo aver comprato l’immancabile pane di casa e un vassoietto di biscotti freschi per la colazione dell’indomani.
 

A volte si rifugia in quella piccola casetta a mare di Scoglitti a cui egli è legato, in quanto testimone dei ricordi di tutta la sua infanzia. Ricordi dolci e amari, ricordi divertenti e tristi, scene mai dimenticate come quella fredda visione di uno sbarco di soldati che rassomigliava molto all’immagine di un film. Dopo due giorni dallo sbarco di quel 10 luglio ’43 Ludovico aveva assistito all’eccidio di Acate e quelle scene non lo avevano più abbandonato.
 

Ludovico è un indipendentista convinto ma non ha mai esternato questa sua posizione politica.

Era stato proprio il nonno di ‘Nzino Bertani, don Gaudenzio, l’amico più caro di suo padre Nunzio, che quando lui aveva appena dodici anni gli aveva cominciato a parlare dei siciliani che avevano combattuto per la libertà della Sicilia. Gaudenzio, attivista dell’EVIS, era ricercato dai carabinieri e Ludovico lo andava a trovare ogni giorno per portargli pane e companatico e in quelle occasioni raccontava a Ludovico le azioni degli indipendentisti siciliani. Nella mente del dodicenne le figure di questi uomini, descritte dal saggio don Gaudenzio, erano entrate trionfalmente come luminosi cavalieri medievali le cui gesta eroiche venivano tramandate da padre in figlio.
 

L’amicizia fra Gaudenzio e il piccolo Ludovico fu definitivamente cementata quando un giorno l’uomo regalò al giovane un oggetto che per quest’ultimo fu una cosa preziosissima. Era la spilletta con il simbolo dell’EVIS.